TERRAZZA DEL CAFFE' AD ARLES E LE NOSTRE STORIE

 

 

 

Era una tranquilla serata autunnale; dopo il mio solito turno alla stazione di polizia mi recai,
come di abitudine, nel bar in Rue de France per bere qualcosa.
Quella sera in particolare le stelle splendevano alte nel cielo, e avevano di certo invogliato
tutta quella gente ad uscire per fare una passeggiata .
Il bar, come di suo solito, splendeva come un diamante nella notte, ed era pieno di gente.
Entrai nel bar, stanco e nervoso, e, sedendomi al banco, dissi “il solito”, sicuro che Theo, il
barista, mi avrebbe servito in un attimo; ma, invece di Theo, dietro il banco c’era un uomo
alto e robusto, con una cicatrice in volto. Con voce stanca e infastidita mi chiese cosa
volevo, dato che non mi conosceva; ordinai allora un bicchierino di Gin e, con mia sorpresa,
mi accorsi che stavo tremando, la presenza di quell’uomo mi incuteva un timore strano, che
non provavo da tempo; dopotutto, essendo ispettore, ero abituato al confronto con
pregiudicato ben più spaventoso di quel barista.
Finito il gin, mi alzai e mi avviai verso casa. Per strada incontrai, per caso, proprio Theo, gli
chiesi perché non era al bar, e lui mi rispose che era stato spostato al turno giornaliero, data
l’assunzione di quell’uomo. Finita la chiacchierata mi apprestai ad andare a casa e mi misi a
dormire; l’indomani mi aspettavo un gran giorno: avrei celebrato i trent’anni di onorato
servizio come ispettore.
Quella notte fui tormentato da incubi. Tutti riguardavano quell’uomo, mi alzai di buon ora e
andai alla stazione di polizia. Passai una tranquilla giornata, circondato dai miei colleghi che
continuavano a congratularsi; io però non potevo smettere di pensare al viso di quell’uomo.
Cercai di scovare negli angoli più remoti della mia memoria senza risultati: ero sicuro di
averlo già visto.
La sera successe qualcosa di strano: mentre mi recavo al bar, vidi quell’uomo intento a
pulire i tavolini fuori dal locale: ebbi un deja-vu, e iniziai a ricordare qualcosa: nella mia
mente c’erano immagini sfocate e lontane di un furto, di una colluttazione, di un caso fallito;
ma perché tutto questo era riaffiorato in quel momento? Mi girai di scatto e tornai alla
stazione, iniziando a spulciare tutti i dossier dei miei casi irrisolti: l’unico era il furto dei gioielli
della Baronessa Agatha de Pennac. Sentendo questo nome, ricordai tutto: circa vent'anni
prima, quando ero ispettore in una stazione di polizia fuori Parigi, mi venne assegnato
questo caso: analizzando la scena del crimine capii che era stata il suo maggiordomo a
compiere il furto di August Chambert l’uomo che stava assillando la mia mente, per questo
mi ricordai di lui vedendolo pulire. Ricordo vagamente che quando risolsi il caso, Chambert
scappò con la refurtiva. Lo seguii, ci fu una violenta colluttazione che Chambert vinse,
causandomi una amnesia che mi fece dimenticare tutto e lui scomparve.
A questo punto, avendo l’identikit di Chambert nel dossier ero pronto ad arrestarlo: chiesi
l’autorizzazione e la mattina seguente mi presentai con due poliziotti nel suo appartamento e
lo arrestai: non ci volle molto per farlo confessare, e così, a distanza di vent'anni, l’ispettore
Jacques Pasquier aveva risolto anche questo castello, nel suo curriculum ora tutti i casi
risultavano risolti.

Daniele


 

Era la fine dell'Ottocento, nel centro storico di Parigi, viveva un uomo, il suo nome era Sandro, aveva circa quarant'anni, era un negoziante e ogni giorno si trovava al bar sotto casa sua, insieme a James, un suo amico, che era disoccupato e si vestiva sempre alla stessa maniera, lui si divertiva insieme a Sandro a giocare a briscola.

 

I due uomini avevano una vita abbastanza monotona, erano sempre seduti allo stesso tavolo, ad iniziare partite nuove; si incontravano verso le quindici, cominciavano a giocare e quando il bar chiudeva, verso le venti, e il proprietario se ne andava a casa, loro si alzavano, si salutavano e ognuno tornava a casa propria.

 

Un giorno come tutti gli altri, Sandro uscì di casa, scese le scale del suo palazzo, si sistemò la giacca nera pece ed entrò nel bar, James lo aspettava già da un po', era strano, di solito arrivava sempre dopo di lui, un'altra cosa che fece insospettire Sandro era il fatto che il suo amico lo attendeva in un tavolino fuori dal locale, ogni giorno stavano seduti all'interno del bar, ma questa volta James aveva deciso di cambiare posto.

 

L'uomo prese le carte da gioco, e senza proferire parola all'amico iniziò a disporle sul tavolo in modo da poter giocare.

 

Quando finì di ordinarle, posò sul tavolo una banconota e delle monetine, probabilmente tutti i suoi risparmi e disse a Sandro di giocare per vincerli, chi alla fine della giornata avesse vinto più partite se li sarebbe intascati. Sandro non era d'accordo e rifiutò l'offerta, ma James lo obbligò, quindi la partita cominciò. Poco prima della chiusura del locale i due uomini erano ancora seduti al freddo fuori dal bar, il loro tavolo era illuminato da una lucerna posta sotto il tendone, sopra le teste dei clienti, il resto del paese era buio, si vedevano in lontananza i palazzi scuri, dove brillavano le luci delle stanze nelle quali le persone si preparavano per andare a dormire; nel cielo nero invece splendevano la luna e le stelle, che spiccavano sopra i tetti delle case.

 

Il locale era ancora pieno, le persone erano tutte incappucciate e portavano vari tipi di copricapi che coprivano loro la testa e le orecchie, altra gente invece si dirigeva verso casa a cavallo o a piedi, come la coppia di anziani che ogni volta che usciva dal ristorante davanti al bar salutava Sandro e gentilmente si allontanava. I clienti del locale erano tutti identici: gli uomini vestiti di nero, coperti da un giubbotto e le donne eleganti, in vestito lungo, che faceva risaltare molto le forme.

 

A distinguersi erano i due uomini, Sandro e James, loro due portavano sempre la solita camicia arancione, molto leggera, con giacchetti scuri e cappelli a cilindro.

 

Erano ormai arrivate le venti, il cameriere stava mettendo in ordine, mentre il proprietario stava uscendo dal locale, la sua ombra si intravedeva dalla porta d'ingresso del bar, i due amici erano seduti dalle quindici a quel tavolo, finirono la partita e iniziarono a contare le vittorie; i soldi spettavano a Sandro, lui non li voleva, perché sapeva che James aveva una situazione economica molto grave, ma James glieli lasciò e senza salutarlo se ne andò. Sandro tornó a casa pensoso, perché il suo amico voleva iniziare a giocare d'azzardo? Che cosa lo aveva spinto a questo?

 

Il giorno dopo Sandro, alla fine della serata, chiese spiegazioni al compare, obbligandolo a dirgli che cosa stava succedendo. James si rifiutò ma ad un certo punto scoppiò in lacrime e rivelò tutto a Sandro: era disperato e non aveva soldi per mantenere il figlio malato, così aveva deciso di usare tutti i suoi risparmi per comprare le medicine al figlio, non aveva il coraggio di chiederlo a Sandro, gli sembrava ingiusto. Sandro lo capì, anche lui aveva una figlia, allora lo rassicurò e decise di prestargli dei soldi per i medicinali, James lo ringraziò di cuore, non sapeva come sdebitarsi. I due amici, da qualche giorno, continuarono ad incontrarsi al bar, il loro legame si era fatto più forte, così tanto che iniziarono a ritrovarsi a pranzare uno a casa dell'altro e a parlare del più e del meno insieme.

Matilde

 


 

Jacques era un uomo semplice, elegante e di bell’aspetto, aveva sempre vissuto con suo fratello nel centro di Parigi,ma un giorno conobbe lei: Angélique, la figlia di una sua cameriera. La ragazza era perfetta, leggiadra in ogni movimento, i lunghi capelli mori raccolti in una crocchia.

 

Jacques era innamorato, la prima volta che si videro in un caffè, alla periferia della grande città. Le stelle illuminavano le vie. Era una nottata abbastanza movimentata, per le strade correvano giovanotti allegri.

 

Quando Jacques la vide credette di avere davanti un angelo, Angélique iniziò a parlargli e tra i due scoppió l’amore.

 

Si vedevano ogni giorno, la ragazza veniva a fargli compagnia nel suo studio, con la scusa di aiutare la madre nel suo lavoro.

 

La coppia era follemente innamorata, nulla li avrebbe potuti separare, ma un giorno Jacques ricevette una telefonata che gli cambiò la vita. Da qualche anno aveva iniziato a lavorare in società con il fratello, pittore, ovviamente lui si occupava solo di affari, ma era comunque faticoso, erano tempi duri. La chiamata misteriosa proveniva da Londra: un mercante era interessato a finanziare il suo lavoro, ma si sarebbero dovuti trasferire là.

 

Per i primi tempi cercò di tenere queste informazioni per sè, ma non resistette a lungo, era troppo felice con la sua amata per lasciarla, però, non voleva troncare la carriera del fratello soltanto per un suo capriccio.

 

Quando, però, il fratello scoprì la verità, si arrabbiò molto, non capiva perché la persona che gli era sempre rimasta accanto e che lo aveva supportato ora lo voleva sabotare, voleva fargli perdere l’occasione che ogni pittore sogna. Poi, capì che era a causa di Angélique, era dispiaciuto, ma non poteva rinunciare all’offerta soltanto per il fratello.

 

Disse a Jacques che sarebbe andato a Londra con o senza di lui. Jacques decise di partire, gli sembrava sleale lasciare da solo quello che era sempre stato il suo compagno di vita. Prima della partenza diede un ultimo appuntamento ad Angélique. Come la prima volta il cielo era punteggiato da stelle, ma ora c’era molta più calma, Jacques era seduto al solito tavolino, aspettando l’amata. Dietro di lui era presente la sagoma del fratello che prendeva un caffè, di lì a poche ore sarebbero stati su una nave, diretti in Inghilterra. La ragazza, però, non arrivò, allora Jacques decise di andarsene, con il cuore spezzato.

 

Cinque anni dopo i fratelli tornarono in patria, con le tasche piene zeppe di denari.

 

Jacques per prima cosa andò a casa di Angélique, quando i due si videro, si riaccese la scintilla, scoprì che la ragazza non aveva mai ricevuto la sua lettera d’addio, quella sera i due si riunirono e soltanto qualche mese dopo si sposarono. In seguito ebbero due figlie, e vissero fino alla fine alla fine insieme in una villetta nelle campagne parigine.

Francesca

 


LA LATTAIA E ALTRE STORIE


 

I pensieri di Minerva
In un'umile casa della periferia di Amsterdam, la signora Minerva si apprestava a finire di preparare la zuppa di pane per il suo amato marito, di ritorno dai campi.
In una giornata invernale, la fredda casa era riscaldata solo da una piccola stufa, la signora Minerva continuava la sua preparazione della zuppa pensando a ciò che le era capitato poco prima.
Pensava a quei ricconi che si crogiolavano nei soldi e nel lusso, lasciando morire di fame i poveri come lei. Decise così di servire la zuppa al marito e di andare subito a spiare nella sfarzosa villa della famiglia Grey, per capire come fosse la loro vita. Arrivata vicino ad un albero che si trovava davanti ad una finestra della villa, Minerva vi si arrampicò sopra e iniziò a pensare ad una vita di lusso sfrenato, fino a che le venne in mente che avrebbe potuto uccidere la moglie del nobile per prenderne il posto, certo avrebbe dovuto abbandonare il suo amato marito, ma ne valeva la pena.
La sera dopo, essendosi fatta coraggio, Minerva si intrufolò nella cantina della villa, ed iniziò a salire le scale piano piano, poi riuscì ad entrare nella villa, cercava in ogni stanza la signora Grey, voleva svegliarla, capire come parlava e vestiva e poi ucciderla per prenderne il posto.
Finalmente l'aveva trovata, ma prima che potesse svegliarla nella sua testa passarono i ricordi della vita piena di amore vissuta con suo marito, anche senza avere tutto quel denaro. Minerva decise allora di lasciar perdere tutto e di tornare a casa sua.
La mattina seguente, come di consueto, Minerva si mise a preparare la sua umile colazione al dolce tepore della stufa, contenta di vivere la sua vita così com’era senza diventare egoista come i ricchi. Francesco

 

 

 

Tempi duri, per la povera famiglia degli Squadraglia. Il padre, il signor Squadraglia, è andato a cercar fortuna e mandava una busta dalla miniera con quanto bastava per far sopravvivere il figlio e la moglie, ma da qualche mese non se ne aveva più traccia.
La signora Squadraglia era costretta a fare lavoretti qua e là. Uno dei lavori era la domestica: lavorava per una famiglia poco più ricca della sua, la madre, gravemente malata, non era in grado di cucinare per i figli. Un giorno, mentre stava preparando la colazione, arrivò un pittore, venuto per ritrarre la proprietaria della casa, ma appena vide quella donna giovane e bella la volle ritrarre. Il pittore, Jan Vermeer, si mise al suo cavalletto e iniziò a dipingere la donna, mentre si accingeva al suo lavoro. Non dimenticò nessun dettaglio e la donna venne ritratta. Appena la ragazza vide l’uomo, si spaventò ma lui le spiegò che incantato dalla sua bellezza voleva sposarla. La donna, un po’ per lo shock della proposta, un po’ per la fedeltà verso il marito, non accettò. L’uomo, non ammettendo un rifiuto come risposta, prese il coltello nascosto nella cesta di paglia e uccise la ragazza. Per questo suo gesto non si pentì mai e, anzi, provando ancora rabbia nei confronti della donna, e sperando di non essere messo alla gogna, dipinse il viso della donna con una espressione depressa e raccontò a tutti che si era suicidata. Poi raccontò a tutti che in preda alla tristezza doveva allontanarsi e di lui non si ebbe più traccia.

 

Giacomo

 

 

 

 

 

 

 

 


 

In un villaggio vicino a Firenze nel 1756, in una casa borghese, lavorava come serva una ragazza di 17 anni chiamata Olivia, la ragazza era molto carina e tutti i ragazzi del villaggio le facevano la corte, ma a lei non interessava avere un fidanzato ma solo lavorare per aiutare la sua famiglia perché sua madre stava male e suo padre essendo vecchio lavorava poco e riceveva un salario che non bastava a mantenerli e comprare le medicine.

 

Il figlio dei borghesi, segretamente innamorato della ragazza, le donava sempre 20 monete in più.

 

Ogni giorno, il ragazzo cercava sempre un nuovo argomento per chiacchierare con Olivia e il ragazzo si accorgeva di essere innamorato di lei sempre più.

 

Un bel giorno, la ragazza gli confessò il suo amore e allora anche il ragazzo fece lo stesso, passarono mesi e i ragazzi si fidanzarono segretamente. Dopo un anno, i genitori di Lorenzo scoprirono la relazione tra i due ragazzi, vedendoli passeggiare insieme ridendo in mezzo ad un campo fiorito. Loro non approvavano il fidanzamento dei due perció li obbligarono a non stare più insieme; durante un pranzo il ragazzo passò un biglietto ad Olivia per prepararsi alla fuga, ma Olivia non volendo abbandonare la sua famiglia rifiutò l’idea. Il ragazzo nei giorni seguenti arrabbiato per il rifiuto di Olivia non le rivolse più la parola e nemmeno uno sguardo. Passaro due anni e la madre di Olivia morì e la ragazza dopo un lutto del genere iniziò a lavorare malvolentieri, Lorenzo intanto, capendo la situazione in cui si trovava Olivia, decise di perdonarla ma purtroppo la ragazza venne licenziata e se ne ando lontano.

 

Gabriela

 

 

 


In una giornata di nebbia una giovane lattaia si mise a preparare la colazione per la famiglia, nel suo viso stanco si intravedeva uno sguardo pensieroso e malinconico, nel frattempo il figlio entrò nella cucina pronto per assaporare la frugale colazione.
Il figlio intravide lo sguardo della madre e chiese il perché dello sguardo malinconico ma non ricevette risposta. In quel preciso momento cominciò a cadere una forte pioggia accompagnata da tuoni violenti. Nel viso della madre scese una lacrima piena di significato: il padre si era suicidato per motivi economici in una giornata di tempesta, lo sguardo del ragazzo si fece triste, nel frattempo la figlia della lattaia entrò in stanza chiedendo l'attesa colazione, e notando gli sguardi del fratello e della madre propose di uscire per far visita alla famiglia Astoni. Convinse entrambi così uscirono.
Ma a metà strada l'impossibile accadde; un fulmine colpì con forza la figlia della lattaia che cadde a terra, la gente dalle finestre udì le forti grida di dolore. La madre strinse tra le braccia la figlia morta sul colpo. Il figlio corse a cercare aiuto ma tutte le persone che stavano a guardare chiusero le finestre.
Nessuno soccorse la ragazza e la madre disperata tornò a casa con il corpo della figlia in braccio.

 

Matteo

 

 

 

Nel lontano 1600, alla periferia di Amsterdam, c'era una baracca di cui nessuno sapeva dell’esistenza.
In questa baracca viveva una signora di mezza età, già da molti anni.
Nessuno inizialmente se ne interessò, ma con il passare degli anni nacquero molte leggende e la donna venne accusata di stregoneria. Ad un certo punto la donna venne processata e condannata al rogo, tra lacrime e disperazione solo una persona cercò di assisterla un uomo che le salvò la vita.
Era ormai a pochi centimetri dalle fiamme, quando l'uomo ebbe un flashback: i due si conoscevano fin dall’infanzia, lei perse i genitori, ma non riuscì ad accettarlo.
Da quel momento non se ne seppe più nulla.
Iniziò a correre e raccontò la storia della donna, il suo passato e la scagionò dalle accuse, poi andarono via insieme, giunsero nella villa dell’uomo, ricca e maestosa.
La signora, in imbarazzo e spaventata, esitò un po' e poi gli chiese spiegazioni, parlarono a lungo, le offrì una camera, per alloggiare.
Il giorno dopo decisero di fare una passeggiata per conoscere meglio il territorio a lei sconosciuto.
Passò del tempo e tra i due nacque un folle amore.
La famiglia dell'uomo però non era d'accordo, allora decisero di far vivere la povera signora in una casa di contadini vicina alla dimora signorile.
Ogni giorno si incontravano.
Inizialmente lo vedeva triste e solo, ma, giorno dopo giorno, sempre più gioioso e spensierato, felice con la sua famiglia d'origine.
Fu proprio quello che le fece salire la malinconia, allora decise di andarsene e di non farsi vedere mai più.
Lui, preoccupato per l’accaduto, la cercò ovunque, ma senza risultato.
Allora, assunse un investigatore per trovare la donna, per poi riportarla da lui.
Quando finalmente la rivide, si trovava nella sua vecchia e cara baracca, e stava preparando una ricca merenda per più persone.
Andò subito a riferire questo a suo marito, che buttò giù la porta e entrò frettolosamente.
Lei, spaventata e arrabbiata allo stesso tempo, disse che non avrebbe più voluto vederlo, e che non gli avrebbe detto sicuramente il motivo della sua fuga.
Lui non accettò il comportamento di sua moglie, quindi decise di ricattarla.
Se non gli avesse detto il motivo della sua scomparsa da casa, lui la avrebbe condannata nuovamente al rogo, senza salvarla, come successo precedentemente.
Lei ci pensò, poi decise di dirgli la verità.
Non aveva ancora accettato la morte dei suoi genitori, quindi, da quel momento, preparava sempre la merenda per loro, convinta che un giorno, tornata a casa, li avrebbe trovati a mangiare, seduti a tavola, e ad accoglierla felici.
Lui, disperato, non poteva sopportare il pensiero di essere stato così crudele con la sua amata, allora decise di farla finita, di non farsi vedere mai più e di donare i suoi averi alla moglie.
Emma

 

 

La lattaia è una madre abbastanza giovane, come al suo solito ha appena munto le sue mucche fuori nella stalla, prende il prezioso latte, lo mette in un recipiente e va verso la cucina. In seguito lo versa in un altro recipiente in ceramica molto delicatamente. Sembra essere triste e malinconica, il periodo che sta passando non è dei più belli, siamo durante la seconda guerra mondiale uno dei suoi figli è stato portato nei campi di concentramento insieme a suo marito; gli rimane solo il figlio maggiore, che è al lavoro.
Ormai ha finito, ha preparato la tavola per il pranzo con dolce amore per lei e il figlio rimasto.
Bussano alla porta, “Sarà mio figlio che rientra dal lavoro” pensa la lattaia; invece no.
Entrano in casa due militari tedeschi con due fucili, senza preavviso uno di questi va direttamente verso il mobile della cucina cercando qualcosa da mangiare, l'altro invece fruga cercando qualcosa, poi il militare le chiede l’oro.
“Oro!?”, la lattaia guarda stupefatta il militare, ma lui va diretto verso la camera da letto scontrando la povera madre, fruga tra la roba senza farsi alcun problema, fruga dentro la cornice di un quadro pensando di trovare dei soldi, strappa la foto, la foto della sua famiglia.
Non si arrende, il soldato continua a cercare senza fare la minima attenzione butta a terra vasi di ceramica, poi trova un anello quello del matrimonio, se lo intasca, la donna lo implora di non prenderlo, ma lui non ascolta e non contento cerca ancora.
Chiama l’altro militare e se ne vanno, sbattendo la porta d'ingresso.
La donna è affranta, si inginocchia a terra e vede sul pavimento la foto di famiglia strappata in due, la prende e se la tiene stretta al petto, piange, poi alza gli occhi e vede la casa tutta sottosopra.
Si alza si asciuga le lacrime, riordina la cucina e la stanza, continuando a pensare al marito e al figlio.
Gabriele

 

 

 

 

 

 

La storia della lattaia Maria e della sua famiglia non è delle più felici, ma la fortuna ha voluto baciare proprio lei, salvando i suoi tre figli.

 

Era il 1660, la stagione autunnale era appena iniziata, in un paesino di campagna, dove viveva Maria, una donna dall'età di trentacinque anni, che abitava in una casetta di mattoni insieme ai suoi tre figli, dell'età di sei, dieci e quindici anni e a suo marito Arturo, un contadino di quarant'anni, che lavorando nei campi.

 

Maria era una donna molto sciupata e stanca, lavorava in una locanda del suo paesino, si alzava alle cinque del mattino, guadagnava pochissimi soldi, ma per aiutare la sua famiglia la donna non poteva lasciare il lavoro.

 

I suoi tre figli, Tommaso, Giulio e Caterina, aiutavano molto la madre e il padre e la domenica avevano il permesso di uscire a giocare con i loro amici.

 

Nonostante il duro lavoro, i soldi non erano abbastanza e i problemi economici aumentavano.

 

Maria oltre al lavoro si occupava della casa, bavadava ai figli e cucinava colazione, pranzi e cene.

 

Era il mese di gennaio, aveva nevicato, la neve era alta quasi un metro e mezzo, Maria si era alzata ancora prima del solito, verso le quattro, per sistemare la casa e per preparare la colazione del marito e dei figli, verso le sei, Arturo si alzò per mangiare, si vestì, salutò la moglie e uscì dalla porta spalando la neve; successivamente si alzarono i figli, fecero i letti, mangiarono e uscirono a giocare nella neve, mentre la donna si diresse verso la locanda.

 

Alla sera Maria tornó a casa, i ragazzi la aspettavano per la cena come sempre, erano le ventuno, solitamente anche il padre, che finiva il lavoro alle diciotto, arrivava per la cena, ma quel giorno non arrivò, la donna pensó che si fosse fermato a mangiare da qualche altra parte, allora fece cenare i figli e li mandò a letto, mentre lei finiva di riordinare le camere e si sistemava per la notte.

 

La mattina seguente, bussarono alla porta, la donna era ancora in grembiule, andò ad aprire e si trovò davanti due uomini che lavoravano con suo marito, questi le diedero una notizia che la sconvolse: Arturo era stato trovato morto nei campi, con vicino la pala con cui stava spalando la neve, era morto per assideramento, il ghiaccio lo aveva ricoperto e i due uomini lo trovarono senza vita.

 

Maria scoppiò in lacrime, suo marito era morto, non lo avrebbe mai più visto e adesso chi avrebbe mantenuto la famiglia? Chi avrebbe pagato le spese dei figli? E come?

 

I soldi erano già molto pochi, con la morte di Arturo l'unica maniera era mandare in collegio i ragazzi, Maria li amava e non voleva che ciò accadesse, perciò dovette andare in cerca di un lavoro più remunerativo. Il cibo scarseggiava e il freddo aumentava, le condizioni della donna e dei figli peggioravano sempre di più, un giorno però Maria conobbe un uomo, amico di suo marito, che lavorava in paese come tessitore, visto che la temperatura diminuiva costantemente, nel suo negozio gli acquisti di vestiti pesanti, giacche, sciarpe, guanti e cappelli aumentavano e lui aveva bisogno di dipendenti per produrre di più, così la donna si propose e vista la sua manualità e le sue doti l'uomo accettò la sua richiesta e le diede il lavoro.

 

Maria contentissima era riuscita a trovare un lavoro con cui guadagnare i soldi per pagare le spese della famiglia anche senza il marito.

 

Matilde

 

 

 

 

 

Era il 1630, la povertà stava assalendo l’Italia. A Padova viveva Elena, una povera ragazza, che non aveva avuto la possibilità di decidere il suo destino.
Elena viveva con il marito e i suoi due figli in una piccola casetta alla periferia della città. Da qualche anno lei aveva iniziato a lavorare in una casa nobiliare come cameriera, ma non era felice.
Era nata in una famiglia povera e, alla morte del padre, si era dovuta sposare con un uomo che non amava, per il bene della famiglia.
La speranza di una vita più agiata naufragò presto: l’impresa tessile del marito cadde in rovina, e l’uomo che aveva sposato si ammalò dalla disperazione. Avevano avuto due figli, ma non fu certo un lavoro facile allevarli, infatti con il marito perennemente a letto, Elena si era dovuta trovare un‘occupazione.
La mattina, dopo essersi svegliata, la povera Elena doveva preparare una scarsa colazione per i familiari e poi andare al lavoro. Il lavoro era molto duro, ma soprattutto i suoi datori erano prepotenti e sgarbati con lei. Gli orari erano sfiancanti: iniziava al mattino presto e finiva di riordinare a tarda sera alla luce di una flebile candela. I nobili la trattavano come una sguattera, nessuno in quella casa aveva rispetto per una donna, che sgobbava da mattina a sera come una bestia. Con il tempo la malattia del marito peggiorò e un brutto giorno egli morì. Elena ormai veniva vista di malocchio: a quei tempi una donna povera, senza marito e con due figli poteva essere considerata soltanto una strega. Si diceva che avesse ucciso il marito curandolo con delle polverine fatte di erbe da lei stessa preparate.
La sua sfortuna, però, non finì qui: venne anche licenziata, infatti quale famiglia rispettabile avrebbe potuto tenere come dipendente una strega. Questo era ciò che tutti pensavano, ma il figlio della proprietaria no, lui se ne era innamorato. Forse era attirato da Elena per la sua diversità, oppure era semplice compassione, nessuno lo capiva, ma lui non si voleva arrendere. Decise, così, di nascondere la famiglia di Elena nei sotterranei della villa. Una cameriera, però, scoprì cosa stava accadendo e raccontò tutto alla padrona di casa. Elena fu denunciata al Tribunale dell’Inquisizione. Dopo un sommario processo fu condannata, torturata e infine messa al rogo nella piazza di Padova in mezzo alla folla urlante.

 

Francesca

 

 

 

 

La donna stava lavando i piatti nel torrente che scorreva vicino alla villa, dovette smettere di colpo quando arrivò il suo nobile padrone a rimproverarla per il troppo tempo impiegato nell’eseguire l’ordine.
Tornata a casa, la donna ricevette la solita punizione: fu chiusa in una stanza buia per ore ed ore, fu rapita da pensieri profondi, pensieri che lei non avrebbe mai neanche immaginato visto il suo carattere gentile, dal cuore d’oro, quella volta il suo carattere cambiò totalmente, come se un fulmine l’avesse colpita all’improvviso, lei capì che avrebbe dovuto avere gli stessi diritti dei nobili che l’avevano comandata fino a quel momento. Passò circa quattro ore chiusa nella stanza, quattro ore passate a pensare alla vendetta, a come rivendicare i propri diritti, e proprio alla fine della punizione capì o cosa avrebbe dovuto fare: avrebbe dovuto uccidere il nobile e tutta la sua famiglia.
Aveva l’idea, ma non il modo, avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento con una pietra che portava sempre con lei in tasca, ma l' famiglia avrebbero arrestata, quindi si rassegnò all’idea che non avrebbe mai potuto uccidere la famiglia del nobile e sarebbe stata costretta a passare il resto della sua vita da sottomessa, da persona senza diritti, ed affranta in un momento di depressione lanciò il sasso che teneva in tasca nel fiume dove lavava i panni e piatti sporchi.
Un giorno però, dopo aver preparato il pranzo, la donna vide il viso compiaciuto e felice del nobile nel vedere il pranzo, non resistette e decise di afferrare il coltello posato sul tavolo e di accoltellare il nobile, mai fu così felice, felice nel vedere la sofferenza del padrone, nel vedere il bagno di sangue che si era creato in cucina, , sangue che non meritava di esistere, sangue che non avrebbe più fatto battere il cuore di quel meschino, che sfruttava povere persone senza diritti. Non aveva molto tempo per compiacersi del lavoro compiuto, corse subito nel salone principale ed accoltellò tutta la famiglia, uno alla volta fece sì che il loro cuore smettesse di battere, uno alla volta rivendicò i propri diritti, e dopo quel giorno, il suo carattere cambiò totalmente, il suo carattere diventò mostruoso, ,aggressivo, non in grado di controllarsi, infatti, dopo una settimana, venne ritrovato il suo corpo appeso al soffitto, si era suicidata, il senso di colpa l'aveva indotta al gesto estremo.
Tommaso

 

 

 

 

In un paesino, viveva una lattaia di nome Rosa, madre di due figli e moglie.
La vita della povera lattaia era monotona e deprimente. Mentre cucinava pensava alla vita che avrebbe voluto, una vita più stimolante, più energica e piena di avventure. Per guadagnare più soldi Rosa andava la domenica mattina e pomeriggio a lavorare dalla famiglia Le Blanc, una famiglia di nobili.
Rosa, arrivata stanca dalla giornata di lavoro, si accomodò in cucina a preparare la povera cena per la sua famiglia.
Mentre preparava la zuppa pensava a come cambiare la sua vita, e mentre ci pensava le venne in mente di trasferirsi.
Pensava che era un ottimo modo per iniziare una nuova vita, purtroppo non c’erano abbastanza soldi cosí decise insieme a suo marito di fare ore extra per guadagnare più soldi. Quindi Rosa lavorava tutta la settimana e pure suo marito, finchè un giorno riuscirono ad ottenere i soldi per il trasferimento.
Si trasferirono a Pisa per iniziare una nuova vita.
Rosa riuscì a lavorare come operaia in una fabbrica e poi diventarne la padrona, i suoi figli andavano a scuola, per costruire un futuro migliore e suo marito era il vice capo della stessa fabbrica.
Rosa felice continuò la sua nuova vita insieme alle persone che amava.
Irene

 

 

 

 

In una giornata di pioggia, una giovane Lattaia, nella sua cucina, mentre preparava da mangiare per il figlio, dalla finestra vide un cavallo libero che correva libero, c'erano anche delle persone che lo volevano calmare, ma il cavallo, irrequieto, ne schiacciò uno.
Lei da quella volta, quando vedeva un cavallo si allontanava più veloce che poteva.
Il figlio della lattaia un giorno comprò un cavallo, lei appena vide il figlio arrivare a casa gli chiese perché aveva preso un cavallo, lui le disse che era un modo per farle passare la paura. La donna provò a fare amicizia con il cavallo.
Una settimana dopo, la lattaia era diventata la migliore amica del cavallo, lei lo amava e
decise di fare un viaggio a cavallo di una settimana.
Nel primo giorno partì e fece sei Km, il secondo giorno lei e il cavallo percorsero una lunga strada disabitata e si fermarono, dopo ore e ore in una locanda per la notte.
La terza giornata continuarono il viaggio, il cavallo non si sentiva tanto bene ed ad un tratto cadde a terra svenuto, lei non sapendo cosa fare lo trascinò nel villaggio per farsi aiutare, disperata urlò “aiuto aiuto” ma nessuno venne ad aiutarla.
Il povero animale morì e lei torno a casa a piedi più sconsolata di prima
Loris

 

 

 

 

 

 

 

 

In un piccolo paese, viveva una lattaia, viveva in una piccola casa, con un unico ambiente: una cucina spoglia e scaldata solamente da una piccola stufetta, stava preparando la colazione ai suoi figli, fino a quando non si accorse che mancava il pane.
La donna si incammino verso il paese in cerca di farina per cuocere un po' di pane, sulla via del ritorno, su uno stretto sentiero, vide un ragazzo, che stava provando a cacciare un cinghiale, ma, avendo finito le munizioni, era stato caricato dall’animale e ferito gravemente. La donna spaventato il cinghiale, soccorse il fanciullo e lo portò a casa sua, dove lo medicò con le poche cose che aveva.
Il ragazzo si ristabilì e ringraziò la signora che gli offrì del latte e del pane.
La donna si prese cura del ragazzo per alcuni giorni.
Il ragazzo per sdebitarsi decise di aiutare la signora nelle faccende domestiche: pulire la casa, preparare pranzo e cena e prendere la legna per la piccola stufa.
Dopo gli venne in mente di invitare la donna ad andare a caccia con lui, per imparare a procurarsi cibo che non fosse solo latte e pane.
Dopo alcune battute di caccia, riuscirono finalmente ad abbattere un cervo, dal quale ricavarono carne e corna.
La donna, però, non sapeva dove conservare tutta quella carne, decisero di vendere la testa del cervo in cambio di denaro, utile per comprare il materiale per costruire un essiccatoio.
I due riuscirono a vendere parecchie teste e corna di cervo con il ricavato comprarono una grande stufa per riscaldare meglio la casa durante i mesi più freddi.
Un giorno, il ragazzo, arrivato in città per vendere altre teste, incontró suo padre, il capo del paese, che non riusciva a credere ai suoi occhi, aveva finalmente ritrovato suo figlio che credeva perduto per sempre; dopo un grande abbraccio, il figlio raccontò la sua avventura al padre che volle incontrare immediatamente la donna che aveva salvato il suo unico figlio.
Il figlio lo condusse fino alla piccola casa in campagna, l'uomo ringraziò infinitamente la donna, e riconoscente volle assolutamente aiutarla economicamente, la donna accettò, soprattutto per garantire ai suoi figli una vita dignitosa.
Le due famiglie rimasero in contatto e da lì nacque una meravigliosa amicizia.
Tommaso

 

 

La lattaia era una signora povera e vedova con due figli, era molto brava a fare il pane: grazie a questo riusciva a mantenere la sua piccola famiglia.
Un giorno, mentre stava pulendo casa, visto che i due figli, uno di dodici anni e l’altro di dieci, erano usciti a giocare in campagna, le bussarono alla porta: erano i due ricchi nobili per cui lei lavorava; erano venuti per chiederle se poteva fare il triplo della porzione di pane che produceva quotidianamente perché dovevano preparare un ricco banchetto per una festa, ovviamente ciò le avrebbe portato un aumento di stipendio.
La donna accettò visto che aveva bisogno di soldi.
Così scese in paese per andare a comprare la farina, l'olio e i cereali: andò dal suo negoziante di fiducia, che sapendo la sua difficile condizione economica, gli vendeva gli ingredienti a un prezzo più basso.
Prese l’acqua dal pozzo, fece due chiacchiere con le amiche e ritornò a casa pensando già al duro e faticoso lavoro che la aspettava, ma che doveva fare.
Arrivata a casa, si cambiò e si mise il suo solito grembiule blu da cucina.
Iniziò a impastare gli ingredienti appena comprati e dopo tre ore di lavoro, le pagnotte erano pronte: la donna le tirò fuori dal forno e le mise sul davanzale a raffreddare.
Era tarda serata, la lattaia era stanca morta, affaticata ed erano ritornati a casa i due figliuoli, ma doveva portare le pagnotte a casa dei nobili.
La donna allora insieme ai due figli prese le pagnotte e uscì di casa; attraversò tutto il paese a piedi e arrivò alla villa dei due nobili che si trovava in alto sopra al paese.
I due figli bussarono, vennero accolti da un cameriere che li accompagnò nel salotto: la tavola era già tutta imbandita di prelibatezze, mancava solo il pane.
La lattaia ritornò a casa con i figli alle undici e andarono a letto.
Il giorno dopo bussarono di nuovo alla porta di casa: erano i due nobili che avevano un importante messaggio per la signora: grazie alla bontà del suo pane, il re la voleva come cuoca alla sua corte.
La donna accettò e si trasferì con i figli alla corte del re.
Da quel giorno in poi la lattaia non visse più in povertà.

 

Alberto

 

 

Nel 600 in un piccolo paese veneto una ragazza povera e semplice mungeva le mucche per il latte che tutte le mattine veniva usato dalla sua famiglia e dai signori del paese.
La giovane tutti i giorni all’alba andava al pozzo per prendere l’acqua, poi cucinava, mungeva le mucche..., non stava mai ferma e trascorreva una vita molto difficile e pesante.
Si chiamava Beatrice detta “Bea” ,aveva due figli e un marito.
Un giorno, al pozzo, mentre stava parlando con le sue amiche, vide un uomo che prendeva l’acqua, era alto, con una bella corporatura, forzuto, biondo, col ciuffo, Bea se ne innamorò all'istante, non era di quelle parti, aveva viaggiato per giorni e aveva trovato un posto per dormire solo in cambio di lavori.
Bea nei giorni successivi era sempre piú felice di andare al pozzo perché c’era lui, ogni tanto Bea gli portava dei regalini: il pane, una caraffa divino, del latte. Anche lui si innamoró di lei, tutti e due erano sposati e avevano dei figli, ma quello che provavano a vicenda era più grande di tutto.
Un giorno Bea decise di esprimere i propri sentimenti all’uomo, così tutti i giorni a mezzanotte quando tutti dormivano si vedevano al pozzo dove si erano incontrati per la prima volta.
Bea dopo mesi non ce la faceva più a tenere il segreto, allora decise di andarsi a confessare da Don Ambrogio, ma dato che aveva sempre freddo veniva soprannominato ( Don Gelo).
Nel pomeriggio il prete era giá nel confessionale e Bea si confessò , il Don, a cui piaceva il Gossip, disse < oh oh oh finalmente in questo paesino succede qualcosa di diverso>, allora Bea felice se ne andó.
Il marito di Bea noto che c’era qualcosa di strano in lei, era sempre sorridente, troppo sorridente allora penso di rivolgersi al Don, andò dal prete con un bel salame e poi incominciarono a parlare, il prete all'inizio non diceva nulla, ma quando il marito tiró fuori un Cristo in oro rivestito di diamanti, il prete cambiò idea e gli racconto coasa stava succedendo.
Il marito uscì dalla chiesa arrabbiato, stra - arrabbiato, deciso di vendicarsi.
La sera stessa il marito andò a letto, fece finta di dormire, a mezzanotte appena la moglie uscì, la seguì fino al pozzo, si nascose dietro un albero e vide sua moglie con quell’uomo, allora dalla furia prese la moglie per il collo e la buttò nel pozzo insieme all'amante, ma al marito non bastava allora prese tutto quello che poteva e lo lanció nel pozzo colpendoli con sassi e oggetti vari fino a farli morire.
Il giorno dopo era domenica e gli abitanti del villaggio trovarono i cadaveri nel pozzo, il prete accusò subito il marito di Bea il cacciatore.
Allora chiamarono subito i giudici che condannarano l'uom a morte. Luca

 

 

 

 

C’era una volta una povera donna di nome Geltrude. Ella lavorava per una famiglia nobile chiamata Van Dijk. Mentre andava a fare le commissioni che le davano i padroni, un giorno per la strada vide un bambino piccolo, messo dentro una piccola carrozzina sul lato della strada. Si accorse che il bambino respirava a stento. Lei lo raccolse e lo portò con sè. Arrivata al castello, portò direttamente il lattante nella sua stanza e lo avvolse con delle lenzuola per riscaldarlo. Andò dal conte e, quando arrivò nella sua stanza, lo trovò con la moglie che stavano litigando su una faccenda politica. Ella decise di non disturbarli e di dirglielo più tardi. Tornata nella sua stanza il bambino non c'era più. Così cercò dappertutto, ma del bambino non c'era traccia. Disperata, andò a preparare la cena. Arrivata in cucina, Geltrude notò qualcosa di strano. Il pavimento era cosparso di frutta marcia o sbucciata, le caraffe attaccate al soffitto e il bambino stava volando qua e là facendo versi anomali.
La donna sconvolta rabbrividì, andò dai signori Van Dijk e disse loro del bambino. Si misero a ridere alle sue parole parole, non e potevano credere. Dopo neanche un decimo di secondo videro il bambino che volava con gli occhi senza pupille e, spaventati, scapparono per una strada segreta. Si ritrovarono fuori dal castello, i figli per fortuna erano dall’insegnante privato. Chiamarono dei rinforzi e la sera assaltarono il castello per sopprimere il bambino posseduto da satana.
Vennero tutti spazzati via dalla forza del lattante, tranne la donna. Il bambino vedendola si bloccò, cadendo per terra e vomitò. Da questo vomito incominciò a formarsi un mostro alato, il quale incominciò a piangere. La ldonna si preoccupó e chiese al mostro perché stesse piangendo, capì che il mostro odiava la sua forma, perciò si era impossessato del bambino.
La lattaia si accorse della messinscena del mostro e gli tagliò la testa. Il bambino si risvegliò e iniziò a far parte della famiglia, la donna a sua volta fu promossa a tata dei bambini.

 

Alessandro

 

 

 

 

 

 

Nel 1660, ad Amsterdam, in un umile casa, riscaldata con una piccola stufetta, una lattaia di 35 anni prepara la colazione per i propri due figli e suo marito..
La donna lavora per guadagnare soldi, presso una nobile famiglia.
Dopo aver mangiato, circa alle 7:00 di mattina la donna si reca alla villa e inizia a lavare i piatti e a cucinare il ricco pranzo da servire puntuale alle 12:00.
A disposizione ha carni, formaggi, pane bianco(in quell’epoca molto pregiato) e come bevanda il vino.
La donna non deve mai tardare a servire il pasto, se fosse successo, si sarebbe subito ritrovata senza un lavoro e senza una mano.
Quel giorno però, deve medicare il marito, morso da una biscia, e tarda a cucinare il prelibato pranzo per la nobile famiglia.
La donna giunta in sala da pranzo si scusa con la famiglia che non la perdona e la signora più anziana dice:<Tu, donna povera, hai servito il pasto in ritardo, se hai un motivo valido non ti faremo niente ma se non lo hai, ti taglieremo la mano e sarai licenziata>.
La donna inizia a pensare e riflettere su cosa raccontare, fino a quando decide di dire che il sovrano del regno le aveva chiesto di fare una commissione per lui.
La donna, però, sa che la famiglia sarebbe andata a chiedere al sovrano se quello che aveva detto era la verità, quindi decide di andare dal Re a proporre un accordo.
Gli giura fedeltà per non perdere il lavoro e la mano, lui in cambio avrebbe dovuto sostenere la sua bugia.
Così alla donna è stata risparmiata la mano.
Sofia

 

 

 

 

 

 

 


Maria era una giovane pastorella, viveva nelle campagne di Torino, con la sua famiglia. Fin da piccola si era sempre presa cura delle pecore di suo padre.

 

Purtroppo la ragazza, a causa del suo compito, non aveva ricevuto un’educazione, per questo motivo era sola.

 

Un giorno Maria andò al pascolo con il fratello Giovanni, sembrava avesse appena piovuto: la rugiada ricopriva il terreno, la nebbia occupava il cielo. Passarono la giornata tra risate e spensieratezza. Stanchi decisero di schiacciare un pisolino, ma quando si risvegliarono, notarono che era notte e che le pecore erano scomparse.

 

I due fratelli si disperarono, Giovanni decise, così, di avventurarsi nel bosco alla loro ricerca. Maria non era molto convinta della decisione, poiché a quell’ora il bosco era immerso nell’oscurità. Si sentivano passi e gemiti, la paura assalì i due ragazzi, corsero più veloce che poterono, si ritrovarono in una radura. L’erba era macchiata di sangue, seguirono le tracce, c’era un grande fuoco è una pecorella sullo spiedo, in un angolo le restanti. Le portarono in salvo, giù dal pendio fino al paese, ma c’era qualcosa di sospetto, era stato tutto troppo semplice. Da dietro un muro sbucò un uomo armato, non c’era via di scampo. Giovanni si buttò in avanti per salvare la sorella, venne ferito gravemente e di lui nessuno ebbe più notizie.

Gabriele e Francesca