Centro uomini e lupi Entracque                7 maggio 2018


In preparazione....




In gita



Le storie


Nonno Prezzemolo arrivò nella sua tenda insieme ai suoi nipoti che iniziarono a fargli domande sul lupo. Lui rispose che non aveva visto mai il lupo però aveva sentito alcune storie:

 

 

I tre ubriaconi

 

C’erano una volta tre mercanti che stavano andando a una fiera. Passarono tutto il giorno a vendere e comprare merci e girarono molte osterie, tornando a casa per il bosco, mezzi ubriachi, per il gran bere, si persero e videro nel buio della notte dei lumini che si avvicinavano. Non erano lumini, erano occhi di terribili lupi! I tre iniziarono a correre e trovarono un riparo, una casa…una baracca che stava in piedi per miracolo. Chiusero la porta e si ripararono lì dentro. Avevano fame , trovarono solo due uova, troppo poco per tre persone quindi decisero che chi avrebbe fatto il sogno più bello avrebbe mangiato la frittata, si rannicchiarono e dormirono.

 

La mattina seguente uno dei tre svegliò gli altri e raccontò il suo sogno:

 

Raccontò che si trovava fuori e che un lupo lo inseguiva, lui scappò e si rifugiò sull’albero.

 

Il secondo disse di aver fatto lo stesso sogno solo che lui era inseguito dall’altro lupo,  e che venne salvato da suo cugino che con il fucile spaventò il lupo mettendolo in fuga.

 

Il terzo disse che aveva sognato loro due che scappavano e quindi si era svegliato e aveva mangiato la frittata.

 

 

La giovane donna

 

C’era una volta una felice coppia di sposi; un giorno il marito dovette andare in guerra,  non tornò più allora lei si chiusein se stessa, si isolò dal mondo e andò a vivere in una grotta. Solo poche volte andava a trovare le sue amiche. Una di queste volte, mentre tornava a casa attraverso il bosco, perse l'rientamento, e lei si addormentò nel bel mezzo di una bufera. Sarebbe morta di freddo se un lupo non le avesse alitato addosso tutta la notte e lei sopravvisse. Si narra che quel lupo fosse l’anima di suo marito defunto, accorsa in suo aiuto.

Nonno Prezzemolo va in campeggio coi i suoi nipoti.

 

Incontro con nonno Prezzemolo

Alla sera, dopo aver piantato la tenda per dormire, uno di loro gli domanda se ha mai visto un lupo e lui risponde di no, perché erano stati tutti sterminati, e che solo i suoi nonni li avevano incontrati.

 

Da quel momento Prezzemolo inizia a raccontare  delle storie sui lupi:  tre contadini ubriachi, appena usciti da una locanda,  nel tornare a casa si persero nel bosco, dove incontrarono due lupi, che all'inizio  sembravano lumini volanti ma dopo, quando si avvicinarono, i tre uomini capirono il pericolo e vennero inseguiti, dovettero rifugiarsi in una piccola capanna costruita con poche assi di legno.

 

Dopo aver ispezionato la casa trovarono due uova che non sarebbero bastate per tutti quindi si decise che il mattino dopo chi avesse raccontato il sogno piú bello l'avrebbe mangiata.

 

La mattina seguente i tre contadini raccontarono i loro sogni: il primo disse che era stato seguito da uno dei due lupi e per scappare si era arrampicato su un albero, cosí non poteva essere raggiunto, il secondo raccontó che lui era scappato dall'altro lupo e per salvarsi chiamó suo cugino che con un colpo di fucile lo fece scappare, infine il terzo disse che lui aveva vissuto i loro sogni e che, visto che loro si erano allontanati, lui aveva mangiato la frittata.

 

Nonno Prezzemolo racconta poi di una giovane e bellissima donna, sposata con un ragazzo, che dovette partire per la guerra, ma non tornó piú, allora la donna divenne sola e triste.

 

Un giorno quando stava attraversando il bosco per andare dalle sue amiche piú fidate con il suo lanternino, esso smise di emettere luce e lei, non vedendo niente cadde a terra e durante la notte rischió di morire di freddo, ma a salvarla arrivó un lupo che la riscaldó col suo alito per tutta la notte.

 

Si pensa che sia stato lo spirito del suo amato marito, che si reincarnó in un lupo e la salvò.

 

Nella tenda i nipotini molto curiosi chiedono al nonno se é vero che aveva fatto il giro del mondo in bicicletta per cercare informazioni sui  lupi e lui risponde di sí.

 

I bambini assonnati insieme al nonno si addormentano.

 

 

Sala delle bicicletta

 

Nonno Prezzemolo parte dalla sua Entracque e con la sua bicicletta vaga in cerca di storie sul lupo, al Cairo scopre che gli antichi Egizi per proteggere i morti nel viaggio nell'Aldilà mettevano due statue di Anubi all’entrata delle tombe. Anubi era un dio con corporatura umana ma testa da lupo-sciacallo.

 

A Roma una Lupa trova due bambini in un cesto sul fiume li adotta, li allatta e li fa crescere; i due ragazzi sono Romolo e Remo che fondano la città di Roma. Questa Lupa è tuttora il simbolo di Roma .Poi giunge in Grecia, le mamme greche  raccomandavano ai propri figli di non allontanarsi perchè, se no, i lupi li avrebbero azzoppati.

 

In Cina credevano che i lupi fossero l’incarnazione del diavolo sulla Terra perchè uccidevano e straziavano il bestiame domestico.Raggiunge la Russia, poi la Svezia, gli Stati Uniti, la Turchia, la Mongolia, ovunque si raccontano storie di lupi buoni o cattivi. Poi fa ritoeno ad Entracque. 

 

L’OFFICINA   DELLE   BICICLETTE

 

Nonno Prezzemolo decide di fare il giro del mondo in bicicletta alla ricerca di favole, miti e leggende, di popoli diversi, legate al lupo.

La sua prima tappa era Roma dove un’esperta gli racconta la leggenda di Romolo e Remo. La storia narra di due bambini che trasportati dal fiume Tevere incontrano una lupa che li allatta e li porta da un pastore che li cresce.  Seconda tappa: Grecia in cui nell’antichità le madri dicevano ai figli che se non fossero stati bravi il lupo sarebbe arrivato e avrebbe mangiato loro le gambe.

In seguito Nonno Prezzemolo andò in Egitto dove gli venne raccontato che il dio, egiziano, dell’oltretomba aveva il corpo da umano e la testa da sciacallo anche se la guida lo confondeva con un lupo.

Quarta tappa: Turchia e Mongolia nelle quali gli abitanti credevano che un dio fosse arrivato sulla terra sotto forma di lupo.

Quindi tappa: Russia dove gli  venne raccontata la storia dei lupi mannari, per cui se si va di notte vicino ad un albero preciso del bosco,  si gira intorno ad esso, mentre si canta una cantilena, un  lupo mannaro esce dal tronco.

Ultima tappa: America dove i Pellerossa prima di una battuta di caccia  speravano di sognare un lupo per avere prede abbondanti, amavano i lupi pure per il loro silenzioso modo di cacciare.

L'avventura si conclude con il ritorno ad ENTRACQUE di Nonno Prezzemolo.

 

 

 

 

 

LA SALA DEI RITRATTI

 

 

 

Sono dei ritratti parlanti che raccontano la storia del lupo.

 

Una vecchia signora dell'800 sostiene che i lupi sono animali che sbranano  il bestiame, la donna litiga con un altro personaggio  che sostiene che i lupi sono innocui.

 

Interviene il cacciatore che sottolinea che i lupi sono stati sterminati, è stato lui ad uccidere l’ultimo lupo e spiega  come lo ha ammazzato, agli inizi del '900.

 

Intervengono i contrabbandieri, Italia-Francia, sostengono che il loro mestiere è molto difficile e pericoloso perchè se li scoprono vengono arrestati.

 

Una vecchia guardia del re dice che le aree di riserva di caccia del re sono come paragonabili alle aree protette, di oggi,  il cacciatore si lamenta delle aree protette.

Bellissima la sala dei ritratti parlanti.

 

 

 

IL LUPO VEDE GLI UOMINI dalla grotta dei Banditi

 

Il lupo, nascosto in una grotta vede due pastori che odiano i lupi perchè mangiano il loro bestiame, e che aspettano la veterinaria per far curare una capra, persone a cui non dispiace per niente la presenza dei lupi nelle montagne che ne elogiano le loro caratteristiche di vita, socialità e modi di comportarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

CATERINA

 

Caterina è una fotografa, vive in montagna, sulle Alpi Marittime.

 

Lei ha passato tutta la sua vita a studiare la vita dei lupi, li fotografava e li ammirava e, quando scattava una foto,  si immedesimava nella vita di questi incredubili animali.

 

Ad aiutarla nel suo lavoro c'è uno scienziato, Janne, che la tiene informata su un lupo per lei importante.

 

Questo lupo si chiama Ligabue, M15, liberato da un veterinario, dopo che accidentalmente è stato investito. Ligabue ha un radiocollare con cui vengono controllati i suoi movimenti.

 

Nei giorni di vacanza, Caterina ospita  suo nipote Luca, che le chiede sempre informazioni sui lupi soprattutto su Ligabue e insieme vanno alla scoperta di questi misteriosi animali.

 

Un giorno ,viene avvisata del ritrovamento di Ligabue, probabilmete ucciso da un branco di lupi che non lo avevano accettato.

 

Ligabue resta sempre nella memoria e nel cuore di Caterina insieme a molti altri lupi conosciuti dopo ore, giorni, settimane di appostamenti.

 

LA STORIA DI CATERINA

 

Caterina era una fotografa che amava il suo lavoro perché scattare fotografie e osservare le caratteristiche, i comportamenti dei lupi la rendeva tutt'uno con la natura.

 

Lei aveva capito che i lupi del nord-Europa o i lupi che non erano stati tanto a contatto con l’uomo si avvicinavano di più a lei ed erano più curiosi.

 

Un giorno, un contadino, aveva  trovato  un lupo che era stato investito da un’auto in Emilia Romagna, Caterina si interessò subito a questo lupo di nome Ligabue, quest'ultimo portava un collare gps al collo in modo da essere rintracciato.

 

Caterina aveva un amico di nome Jane che la veniva a trovare in montagna  e le portava notizie di Ligabue.

 

Lei aveva anche un nipotino di nome Luca che la andava a trovare nel weekend perché adorava la natura ed era interessato a Ligabue.

 

Jane tutti i giorni dava notizie di Ligabue a Caterina, lei inseguiva il lupo giorno e notte, fino a quando riuscì a  fotografarlo.

 

A Caterina, qualche mese dopo,  venne data la notizia della morte di Ligabue, ma non si scoraggiò e continuò il suo lavoro con più amore di prima.

 

 

 

Ligabue

Ligabue è un lupo, ritrovato nel 2004, dopo essere stato investito nel parmense in seguito al suo presunto allontanamento dal suo branco. È stato dotato di un radio-collare con il quale si è potuto tracciare il  suo spostameno  e gli è stato dato il “nome” M15, perché era il 15esimo maschio trovato. Dopo varie cure è stato rilasciato. Ha vagato a lungo per trovare un branco che lo accogliesse,  o una compagna o un territorio libero per creare un nuovo branco. Si è spinto fino in Francia, dopo essere passato prima in Liguria e poi in Piemonte. È stato trovato morto nel febbraio del 2005 in provincia di Cuneo, probabilmente ucciso da un altro branco dopo il suo vano tentativo di unirsi a quest’ultimo

 

 

LIGABUE

 

Ligabue era un lupo che viveva fuori dal branco perché era stato cacciato, per il fenomeno di dispersione.

 

Un giorno, mentre stava attraversato un’autostrada investito da un'automobile e in seguito salvato e portato in una stalla per essere curato ,fu rilasciato, in Emilia-Romagna, dieci giorni dopo, con addosso un radio-collare che poteva rintracciare la sua posizione.

 

Ligabue percorse più di mille chilometri, attraversò gli Appennini e giunse nelle Alpi Marittime in Piemonte, alla ricerca di un branco con cui poter vivere.

 

Ligabue, M 15, è stato ritrovato nei pressi di Chiusa Pesio, probabilmente attaccato da un branco.

 


LUPO BUONO O LUPO CATTIVO?


ALLA RICERCA DI...... STORIE DI LUPI DAL MONDO

 

Un lupo magro e sfinito incontra un cane ben pasciuto, con il pelo folto e lucido. Si fermano, si salutano e il lupo domanda:
- Come mai tu sei così grasso? Io sono molto più forte di te, eppure, guardami: sto morendo di fame e non mi reggo sulle zampe.
- Anche tu, amico mio, puoi ingrassare, se vieni con il mio padrone. C'è solo da far la guardia di notte perché non entrino in casa i ladri.
- Bene, ci sto. Sono stanco di prendere acqua e neve e di affannarmi in cerca di cibo.

 


Mentre camminano, il lupo si accorge che il cane ha un segno intorno al collo.
- Che cos'è questo, amico? - gli domanda.

 


- Sai, di solito mi legano.

 


- E, dimmi: se vuoi puoi andartene?

 


- Eh, no - risponde il cane.

 


- Allora, cane, goditi tu i bei pasti. Io preferisco morire di fame piuttosto che rinunciare alla mia libertà.

 

 (Daniele Monaco).

 



 

 

 

SALVATO DAI LUPI

 


A vederlo sembra un tranquillo pensionato gallego di 72 anni. Profonde rughe sul viso, come fosse una borsa di cuoio trascinata per lungo tempo.
Ma il nonnetto, quando va per una passeggiata nei fitti boschi della provincia di Orense, nel Nord della Spagna, fa perdere le sue tracce per giorni, per poi restituirsi alla civiltà, senza nemmeno un graffio, senza tradire un qualcosa di animalesco nel comportamento. «Pensi che fino a quasi 18 anni preferivo camminare nudo, senza scarpe, come un quadrupede nell'imbarazzo più totale delle famiglie che puntualmente mi adottavano e poi mi riportavano in orfanatrofio», spiega a Il Giornale Marcos Rodriguez Pantoja che ha vissuto una vita uscita dalle favole della Walt Disney. La sua infanzia sembra essere copiata da quella di Mowgli o di Tarzan, con l'unica differenza che Marcos ha avuto per davvero come genitori, per quasi dodici anni, una famiglia di lupi.
La Spagna che ama più i tori che i lupi, ha quasi dimenticato la sua formidabile esistenza, vergognandosene, incapace di spiegarla con i suoi eminenti professori. Soltanto l'antropologo e scrittore Gabriel Janer Manila, quando Marcos aveva 29 anni e si arrampicava ancora sulle rocce, correndo di notte nudo nei boschi, lo aiutò a ricordare i suoi giorni coi lupi per le montagne nevose della Castilla-La Mancha. «El niño lobo», il bambino lupo di sberle ne ha prese tante nella vita. La madre morì di parto quando lui aveva tre anni, il padre lo portò con i tre fratelli a Madrid, dove visse di stenti fino ai sei, quando la matrigna lo scambiò per tre caciotte di capra e due filoni di pane con un pastore che batteva le montagne della Sierra Morena. «Era il 1954, lascio una modesta casa di mura di gesso e tetto di paglia per una grotta, dove la notte il pastore mi teneva legato», racconta Marcos con gli occhi sottili e grigi, plasmati in fessure dalla luce abbacinante delle montagne innevate. «Avevo sei anni: la mia matrigna mi maltrattava tutto il giorno, sfogava su di me tutte le frustrazioni della povertà, mentre mio padre spariva nei boschi per lunghe giornate. Col pastore diventai il suo quarto cane da guardia del gregge. Imparai a camminare a quattro zampe per nascondermi nel gregge e spaventare i lupi che ogni notte si avvicinavano nell'ombra affamati. Ero tanto ingenuo, quanto coraggioso».
Non passa molto tempo che il pastore muore d'infarto e Marcos si ritrova solo con un gregge di pecore e una foresta tutta per sé. «Scoppiò un temporale, uno di quelli estivi con fulmini e tuoni. Ero lontano dalla grotta e mi nascosi in una siepe. Ero solo al freddo, ma non piangevo, non ricordo di averlo fatto, quando sentii alle mie spalle la presenza di un lupo che mi fissava tra la luce sciabolante dei lampi. Digrignai i denti, ma il lupo rimase lì a fissarmi, credo che gli lanciai anche qualche pietra. Nulla, il grosso lupo dal pelo grigio e marrone era interessato a me, poi scappò via».
Marcos, terrorizzato dagli uomini che lo avevano maltrattato e venduto, temeva d'essere preso e riportato nel paesino, così per settimane si nascose tra le rocce. «Il secondo contatto con i lupi avvenne sempre di sera, avevo trovato una grotta abitata da cuccioli di lupo che stavano sbranando una carcassa di cervo. Rubai un pezzo di carne cruda e lo addentai famelico. Erano giorni che non mangiavo nulla e i crampi allo stomaco mi uccidevano poi avvenne qualcosa che non ho mai dimenticato e che spesso sogno. Vidi la mamma lupa ritornare nella caverna, digrignò i denti quando mi vide vicino ai suoi lupetti e con un pezzo di cervo in bocca. Mi si avvicinò dandomi una zampata che mi spinse con violenza contro la roccia, io caddi e iniziai a piangere: avevo sei anni, avevo freddo e fame e non avevo nessuno. Un grido di dolore che la lupa interpretò come un suo simile che chiedeva aiuto. Venne da me con un sottile guaito e iniziò a leccarmi con affetto le braccia, la faccia le gambe, trasmettendomi un piacevole calore. Poi col muso mi spinse davanti alla carcassa del cervo, come a dirmi, Ora mangia, non avere paura, sei qui al sicuro con me. Non posso dimenticare gli occhi di quella lupa mi ha adottato, salvandomi la vita». Per undici anni Marcos, il bambino-lupo, rimase sulle montagne della Sierra Morena, evitando ogni contatto con gli umani. Dormiva con i lupi, cacciava piccole e grandi prede con loro, giocava e ululava alla luna. «Disimparai lo spagnolo che avevo appreso da mio padre e inizia a ululare, ad annusare la presenza di una preda, dell'uomo. A capire i segnali che i lupi si trasmettono tra di loro e per me fu naturale camminare a carponi, perché mi sentivo membro di una comunità di

 

nobilissimi animali».Un idillio che terminò a 18 anni. «Fui notato da una guardia forestale cui diedi un morso al braccio, digrignavo i denti, scalciavo, ma in due mi lanciarono una rete e mi catturarono, affidandomi a un convento di suore che mi dovettero insegnare nuovamente a parlare e a stare seduto a un tavolo». Ora a distanza di cinquant'anni, Marcos, aiutato dalla carità di pochi amici, guarda verso la montagna e un brivido lo scuote. Hanno scritto libri e girato un film su di lui. Ha svolto la leva militare e ha lavorato come pastore, imparando a diffidare dell'uomo e a conservare nel sangue quel forte richiamo della foresta. (Gabriele Denza).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA LEGGENDA DELLA LUNA PIENA

 



In una bella serata estiva, tanto tempo fa, in cielo splendeva una sottile falce di luna, che si affacciava fra le nuvole.
Un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava senza sosta. I suoi ululati erano lunghi, ripetuti e disperati. La luna, la regina d’argento della notte, ne fu infastidita e gli chiese perché si lamentasse tanto. Il lupo rispose che aveva perso uno dei suoi cuccioli e che ormai disperava di trovarlo.
La regina della notte, dispiaciuta e desiderosa di aiutarlo, pensò di illuminare tutta la montagna per far sì che il lupacchiotto trovasse la via del ritorno. Così si gonfiò tanto da diventare un disco grande e luminoso. A quel punto il lupo ritrovò il suo cucciolo, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio. Lo afferrò in tempo, lo strinse forte, lo rincuorò e ringraziò infinitamente la luna. Poi se ne andò col figlioletto, allontanandosi tra la vegetazione.

 


Le fate dei boschi, commosse, decisero di fare un bellissimo regalo: una volta al mese la luna sarebbe diventata un globo di luce grande e luminoso, visibile a tutti, in modo che tutti i cuccioli del mondo potessero ammirarla in tutto il suo splendore.
Da allora, una volta al mese i lupi ululano festosi alla luna piena.
(Irene Lomazzo).

 

 

 

 

 

 

 


IL LUPO BUONO PERÒ CRETINO

 



Una volta c’era un lupo così buono che non faceva male a nessuno, anzi faceva del bene. Un giorno vide che una signora aveva perso gli occhiali, lui si mise a cercarli, girò di qua, girò di là finché li trovò. Glieli portò e la donna lo ringraziò.
Appena mise gli occhiali si accorse che era un lupo e incominciò a gridare: «Al lupo! Al lupo!» . Il lupo scappò per paura di essere ucciso, ma era disperato perché nessuno sapeva che era buono e non faceva del male a nessuno. Lungo la strada c’era un uomo che stava cambiando la ruota della sua macchina, perché aveva forato. Il lupo l’aiutò a cambiare la ruota ma l’uomo, quando si accorse che il suo aiutante era un lupo, prese il fucile. Il lupo scappò ma lui gli sparò e non lo prese. Il lupo se ne andò lontano, e mentre andava desiderava morire perché nessuno capiva che lui era buono: solo gli animali lo sapevano. Cammina cammina, arrivò in un bosco dove c’era una lupa che lo guardava. La lupa gli disse: «Ho fame e laggiù c’è un gregge. Va’ a prendermi una pecora. Il cane sa che sei buono, e ti lascia passare».
«Io sono buono, non prendo e non uccido mai pecore, né altri animali» rispose il lupo. La lupa lo guardò con occhi dolci e replicò: «Che vale essere buono se tutti credono che sei cattivo? Meglio prendermi la pecora, così fai il buono con me, no?». Il lupo pensò come dire di no alla bella lupa, ma poi mormorò tra sé: «E vero, nessuno mi vuole bene, vado». Si avvicinò al gregge, e il cane che era di guardia lo lasciò passare perché sapeva che era buono. Il lupo si avvicinò alle pecore, ne prese una per il collo e scappò. Il cane, meravigliato, gli ringhiò dietro: «Ehi, non scherzare, riporta qui quella pecora!». Ma il lupo la portò invece alla bella lupa, poi ritornò dal cane e gli mostrò i denti, e il cane scappò.
Da quel giorno, quando aveva fame, rubava e ammazzava. Così tutti, animali e uomini, vennero a sapere che il lupo buono era diventato cattivo per non fare il cretino, e lo trattavano ormai come un lupo cattivo. (Tommaso Loiodice).

 

 

 

 

 

 

 

La leggenda del lupo e della Luna piena

 



Esiste un'antica leggenda sul fatto che una notte la Luna scese sulla Terra per svelare i suoi misteri, ma mentre si muoveva tra gli alberi, rimase impigliata tra i rami. La storia narra che fu un lupo a liberarla e, durante tutta la notte, la Luna e il lupo si raccontarono storie, scherzarono e si divertirono insieme.
La Luna si innamorò dello spirito del lupo e in preda a un attacco di egoismo, prima di ritornare al suo posto nella galassia, rubò l'ombra dell'animale in modo da non dimenticare mai quella fantastica notte. Pertanto, da allora, il lupo ulula alla Luna perché rivendica la sua ombra. (Samuele Russello).

 

 

 

 

 

 

 


Il lupo sazio e la pecora sincera

 


 
 
Quello era davvero un gran giorno per un lupo rinomato in tutto il contado per la sua insaziabile fame.
Infatti, senza neppure alzare un dito egli era riuscito a procurarsi ottime prede trovate casualmente a terra perché colpite da qualche cacciatore e si era preparato un pranzo degno di Re! Il lupo, dopo avere abbondantemente mangiato, si inoltrò nella foresta per fare due passi.
Fu così che incontrò una mansueta pecorella la quale, terrorizzata dal temibile animale notoriamente suo nemico, non riuscì neppure a muoversi, paralizzata dallo spavento.
Il lupo, più per istinto che per altre ragioni, afferrò la preda tenendola stretta, stretta. Ma solo dopo averla catturata si rese conto di essere talmente sazio da non avere più alcun appetito.
Occorreva trovare una valida giustificazione per poter liberare quella pecora senza fare brutta figura.
" Ho deciso" Disse quindi il lupo "di lasciarti andare a condizione che tu sappia espormi tre desideri con intelligenza.
La pecorella sconcertata, dopo aver pensato un istante rispose: "Bè, anzitutto avrei voluto non averti mai incontrato.
Seconda cosa, se proprio ciò doveva avvenire, avrei voluto trovarti cieco.
Ma visto che nessuno di questi due desideri è stato esaudito, adesso vorrei che tu e tutta la tua razza siate maledetti e facciate una brutta fine perché mi avete reso la vita impossibile e avete mangiato centinaia di mie compagne che non vi avevano fatto alcun male!"
Inaspettatamente il lupo, invece di adirarsi come prevedibile, dichiarò:
"Apprezzo la tua sincerità.
Hai avuto molto coraggio a dirmi ciò che realmente pensavi per questo ti lascerò libera!" Così dicendo liberò la pecorella e, con un cenno di saluto, la invitò ad allontanarsi. (Emma Briano).

 

 

 

 

 

 

 

Il lupo e la gru

 


C’era una volta un lupo conosciuto per la sua ferocia da tutti gli animali del bosco. Quando era affamato, non c’era animale piccolo o grande che potesse sfuggire alle sua zanne.
Un giorno gli successe una cosa molto spiacevole: un osso di agnello, molto, gli si conficcò in gola e per quanti sforzi facesse, non riusciva a toglierselo. Quell’ ossicino era davvero una seccatura, non tanto perchè gli facesse male, ma perché non riusciva ad inghiottire niente, solo qualche sorso d’acqua che però non alleviava né il dolore, né la fame.
Disperato si mise a chieqdere aiuto a tutti quelli che conosceva; ma erano tutti impauriti dalla sua terribile fama, con una scusa o l’altra cercavano di stargli alla larga e si rifiutavano di aiutarlo.
Finché la volpe da dietro la porta sbarrata della sua casa, gli consigliò: - Vai dalla gru, in fondo allo stagno grande. Tutti dicono che è il miglior dottore della zona!
Si mise in viaggio e quando giunse alla sua casa, per non spaventarla, disse con voce dolce: - Madama gru, ho sentito parlare della tua bravura. Ho bisogno di te. Tu sola puoi aiutarmi!
- Che ti è successo, compare lupo?  Ti vedo stravolto ed affannato. Dimmi cosa posso fare per te.
- Ecco - riprese il lupo - guarda qui in fondo alla mia gola. Mentre mangiavo vi si è conficcato un ossicino. Se riuscirai a strapparmelo avrai da me una ricompensa!
Alla gru non sembrò vero di poter curare un malato così illustre. Per tutta la vita, pensava, avrebbe potuto vantarsi di aver guarito il famoso lupo delle montagne. Si accinse dunque a compiere l’operazione chirurgica. Fece distendere il lupo presso un tronco, gli fece spalancare la bocca e senza pensare ad altro mise la testa tra le fauci della belva. Con il lungo becco riuscì a penetrargli giù nella gola e con un colpo ben assestato strappò l’ossicino fastidioso.
Il lupo ululò dapprima di dolore e poi di gioia: - Ora si che mi sento bene. Eh! Sapevo che tu saresti stata capace di guarirmi.
La gru, soddisfatta, si pulì il becco nell’erba e disse: - Bene! Ecco fatto. Ora sentiamo qual è la ricompensa.
- Come? – esclamò il lupo facendosi serio. – Osi chiedermi la ricompensa? Dovresti ringraziarmi di non averti mozzato la testa mentre era nella mia gola! Sono io che dovrei avere date un premio, per averti risparmiato la vita!
La gru, vedendo gli occhi del lupo farsi sempre più rossi e cattivi, pensò che era bene non insistere tanto e comprese che era stata sciocca a sperare in una ricompensa da un essere tanto malvagio.


Chi pretende una ricompensa da un disonesto, sbaglia due volte: primo perché aiuta un indegno, secondo, perché certamente non rimarrà impunito”… è la morale di questa favola di Fedro.  (Jacopo Bianchi Ferraro).


 

 

Un lupo magro e sfinito incontra un cane ben pasciuto, con il pelo folto e lucido. Si fermano, si salutano e il lupo domanda:
- Come mai tu sei così grasso? Io sono molto più forte di te, eppure, guardami: sto morendo di fame e non mi reggo sulle zampe.
- Anche tu, amico mio, puoi ingrassare, se vieni con il mio padrone. C'è solo da far la guardia di notte perché non entrino in casa i ladri.
- Bene, ci sto. Sono stanco di prendere acqua e neve e di affannarmi in cerca di cibo.

 


Mentre camminano, il lupo si accorge che il cane ha un segno intorno al collo.
- Che cos'è questo, amico? - gli domanda.

 


- Sai, di solito mi legano.

 


- E, dimmi: se vuoi puoi andartene?

 


- Eh, no - risponde il cane.

 


- Allora, cane, goditi tu i bei pasti. Io preferisco morire di fame piuttosto che rinunciare alla mia libertà.

 

 (Daniele Monaco).

 



 

 

 

SALVATO DAI LUPI

 


A vederlo sembra un tranquillo pensionato gallego di 72 anni. Profonde rughe sul viso, come fosse una borsa di cuoio trascinata per lungo tempo.
Ma il nonnetto, quando va per una passeggiata nei fitti boschi della provincia di Orense, nel Nord della Spagna, fa perdere le sue tracce per giorni, per poi restituirsi alla civiltà, senza nemmeno un graffio, senza tradire un qualcosa di animalesco nel comportamento. «Pensi che fino a quasi 18 anni preferivo camminare nudo, senza scarpe, come un quadrupede nell'imbarazzo più totale delle famiglie che puntualmente mi adottavano e poi mi riportavano in orfanatrofio», spiega a Il Giornale Marcos Rodriguez Pantoja che ha vissuto una vita uscita dalle favole della Walt Disney. La sua infanzia sembra essere copiata da quella di Mowgli o di Tarzan, con l'unica differenza che Marcos ha avuto per davvero come genitori, per quasi dodici anni, una famiglia di lupi.
La Spagna che ama più i tori che i lupi, ha quasi dimenticato la sua formidabile esistenza, vergognandosene, incapace di spiegarla con i suoi eminenti professori. Soltanto l'antropologo e scrittore Gabriel Janer Manila, quando Marcos aveva 29 anni e si arrampicava ancora sulle rocce, correndo di notte nudo nei boschi, lo aiutò a ricordare i suoi giorni coi lupi per le montagne nevose della Castilla-La Mancha. «El niño lobo», il bambino lupo di sberle ne ha prese tante nella vita. La madre morì di parto quando lui aveva tre anni, il padre lo portò con i tre fratelli a Madrid, dove visse di stenti fino ai sei, quando la matrigna lo scambiò per tre caciotte di capra e due filoni di pane con un pastore che batteva le montagne della Sierra Morena. «Era il 1954, lascio una modesta casa di mura di gesso e tetto di paglia per una grotta, dove la notte il pastore mi teneva legato», racconta Marcos con gli occhi sottili e grigi, plasmati in fessure dalla luce abbacinante delle montagne innevate. «Avevo sei anni: la mia matrigna mi maltrattava tutto il giorno, sfogava su di me tutte le frustrazioni della povertà, mentre mio padre spariva nei boschi per lunghe giornate. Col pastore diventai il suo quarto cane da guardia del gregge. Imparai a camminare a quattro zampe per nascondermi nel gregge e spaventare i lupi che ogni notte si avvicinavano nell'ombra affamati. Ero tanto ingenuo, quanto coraggioso».
Non passa molto tempo che il pastore muore d'infarto e Marcos si ritrova solo con un gregge di pecore e una foresta tutta per sé. «Scoppiò un temporale, uno di quelli estivi con fulmini e tuoni. Ero lontano dalla grotta e mi nascosi in una siepe. Ero solo al freddo, ma non piangevo, non ricordo di averlo fatto, quando sentii alle mie spalle la presenza di un lupo che mi fissava tra la luce sciabolante dei lampi. Digrignai i denti, ma il lupo rimase lì a fissarmi, credo che gli lanciai anche qualche pietra. Nulla, il grosso lupo dal pelo grigio e marrone era interessato a me, poi scappò via».
Marcos, terrorizzato dagli uomini che lo avevano maltrattato e venduto, temeva d'essere preso e riportato nel paesino, così per settimane si nascose tra le rocce. «Il secondo contatto con i lupi avvenne sempre di sera, avevo trovato una grotta abitata da cuccioli di lupo che stavano sbranando una carcassa di cervo. Rubai un pezzo di carne cruda e lo addentai famelico. Erano giorni che non mangiavo nulla e i crampi allo stomaco mi uccidevano poi avvenne qualcosa che non ho mai dimenticato e che spesso sogno. Vidi la mamma lupa ritornare nella caverna, digrignò i denti quando mi vide vicino ai suoi lupetti e con un pezzo di cervo in bocca. Mi si avvicinò dandomi una zampata che mi spinse con violenza contro la roccia, io caddi e iniziai a piangere: avevo sei anni, avevo freddo e fame e non avevo nessuno. Un grido di dolore che la lupa interpretò come un suo simile che chiedeva aiuto. Venne da me con un sottile guaito e iniziò a leccarmi con affetto le braccia, la faccia le gambe, trasmettendomi un piacevole calore. Poi col muso mi spinse davanti alla carcassa del cervo, come a dirmi, Ora mangia, non avere paura, sei qui al sicuro con me. Non posso dimenticare gli occhi di quella lupa mi ha adottato, salvandomi la vita». Per undici anni Marcos, il bambino-lupo, rimase sulle montagne della Sierra Morena, evitando ogni contatto con gli umani. Dormiva con i lupi, cacciava piccole e grandi prede con loro, giocava e ululava alla luna. «Disimparai lo spagnolo che avevo appreso da mio padre e inizia a ululare, ad annusare la presenza di una preda, dell'uomo. A capire i segnali che i lupi si trasmettono tra di loro e per me fu naturale camminare a carponi, perché mi sentivo membro di una comunità di

 

nobilissimi animali».Un idillio che terminò a 18 anni. «Fui notato da una guardia forestale cui diedi un morso al braccio, digrignavo i denti, scalciavo, ma in due mi lanciarono una rete e mi catturarono, affidandomi a un convento di suore che mi dovettero insegnare nuovamente a parlare e a stare seduto a un tavolo». Ora a distanza di cinquant'anni, Marcos, aiutato dalla carità di pochi amici, guarda verso la montagna e un brivido lo scuote. Hanno scritto libri e girato un film su di lui. Ha svolto la leva militare e ha lavorato come pastore, imparando a diffidare dell'uomo e a conservare nel sangue quel forte richiamo della foresta. (Gabriele Denza).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA LEGGENDA DELLA LUNA PIENA

 



In una bella serata estiva, tanto tempo fa, in cielo splendeva una sottile falce di luna, che si affacciava fra le nuvole.
Un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava senza sosta. I suoi ululati erano lunghi, ripetuti e disperati. La luna, la regina d’argento della notte, ne fu infastidita e gli chiese perché si lamentasse tanto. Il lupo rispose che aveva perso uno dei suoi cuccioli e che ormai disperava di trovarlo.
La regina della notte, dispiaciuta e desiderosa di aiutarlo, pensò di illuminare tutta la montagna per far sì che il lupacchiotto trovasse la via del ritorno. Così si gonfiò tanto da diventare un disco grande e luminoso. A quel punto il lupo ritrovò il suo cucciolo, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio. Lo afferrò in tempo, lo strinse forte, lo rincuorò e ringraziò infinitamente la luna. Poi se ne andò col figlioletto, allontanandosi tra la vegetazione.

 


Le fate dei boschi, commosse, decisero di fare un bellissimo regalo: una volta al mese la luna sarebbe diventata un globo di luce grande e luminoso, visibile a tutti, in modo che tutti i cuccioli del mondo potessero ammirarla in tutto il suo splendore.
Da allora, una volta al mese i lupi ululano festosi alla luna piena.
(Irene Lomazzo).

 

 

 

 

 

 

 


IL LUPO BUONO PERÒ CRETINO

 



Una volta c’era un lupo così buono che non faceva male a nessuno, anzi faceva del bene. Un giorno vide che una signora aveva perso gli occhiali, lui si mise a cercarli, girò di qua, girò di là finché li trovò. Glieli portò e la donna lo ringraziò.
Appena mise gli occhiali si accorse che era un lupo e incominciò a gridare: «Al lupo! Al lupo!» . Il lupo scappò per paura di essere ucciso, ma era disperato perché nessuno sapeva che era buono e non faceva del male a nessuno. Lungo la strada c’era un uomo che stava cambiando la ruota della sua macchina, perché aveva forato. Il lupo l’aiutò a cambiare la ruota ma l’uomo, quando si accorse che il suo aiutante era un lupo, prese il fucile. Il lupo scappò ma lui gli sparò e non lo prese. Il lupo se ne andò lontano, e mentre andava desiderava morire perché nessuno capiva che lui era buono: solo gli animali lo sapevano. Cammina cammina, arrivò in un bosco dove c’era una lupa che lo guardava. La lupa gli disse: «Ho fame e laggiù c’è un gregge. Va’ a prendermi una pecora. Il cane sa che sei buono, e ti lascia passare».
«Io sono buono, non prendo e non uccido mai pecore, né altri animali» rispose il lupo. La lupa lo guardò con occhi dolci e replicò: «Che vale essere buono se tutti credono che sei cattivo? Meglio prendermi la pecora, così fai il buono con me, no?». Il lupo pensò come dire di no alla bella lupa, ma poi mormorò tra sé: «E vero, nessuno mi vuole bene, vado». Si avvicinò al gregge, e il cane che era di guardia lo lasciò passare perché sapeva che era buono. Il lupo si avvicinò alle pecore, ne prese una per il collo e scappò. Il cane, meravigliato, gli ringhiò dietro: «Ehi, non scherzare, riporta qui quella pecora!». Ma il lupo la portò invece alla bella lupa, poi ritornò dal cane e gli mostrò i denti, e il cane scappò.
Da quel giorno, quando aveva fame, rubava e ammazzava. Così tutti, animali e uomini, vennero a sapere che il lupo buono era diventato cattivo per non fare il cretino, e lo trattavano ormai come un lupo cattivo. (Tommaso Loiodice).

 

 

 

 

 

 

 

La leggenda del lupo e della Luna piena

 



Esiste un'antica leggenda sul fatto che una notte la Luna scese sulla Terra per svelare i suoi misteri, ma mentre si muoveva tra gli alberi, rimase impigliata tra i rami. La storia narra che fu un lupo a liberarla e, durante tutta la notte, la Luna e il lupo si raccontarono storie, scherzarono e si divertirono insieme.
La Luna si innamorò dello spirito del lupo e in preda a un attacco di egoismo, prima di ritornare al suo posto nella galassia, rubò l'ombra dell'animale in modo da non dimenticare mai quella fantastica notte. Pertanto, da allora, il lupo ulula alla Luna perché rivendica la sua ombra. (Samuele Russello).

 

 

 

 

 

 

 


Il lupo sazio e la pecora sincera

 


 
 
Quello era davvero un gran giorno per un lupo rinomato in tutto il contado per la sua insaziabile fame.
Infatti, senza neppure alzare un dito egli era riuscito a procurarsi ottime prede trovate casualmente a terra perché colpite da qualche cacciatore e si era preparato un pranzo degno di Re! Il lupo, dopo avere abbondantemente mangiato, si inoltrò nella foresta per fare due passi.
Fu così che incontrò una mansueta pecorella la quale, terrorizzata dal temibile animale notoriamente suo nemico, non riuscì neppure a muoversi, paralizzata dallo spavento.
Il lupo, più per istinto che per altre ragioni, afferrò la preda tenendola stretta, stretta. Ma solo dopo averla catturata si rese conto di essere talmente sazio da non avere più alcun appetito.
Occorreva trovare una valida giustificazione per poter liberare quella pecora senza fare brutta figura.
" Ho deciso" Disse quindi il lupo "di lasciarti andare a condizione che tu sappia espormi tre desideri con intelligenza.
La pecorella sconcertata, dopo aver pensato un istante rispose: "Bè, anzitutto avrei voluto non averti mai incontrato.
Seconda cosa, se proprio ciò doveva avvenire, avrei voluto trovarti cieco.
Ma visto che nessuno di questi due desideri è stato esaudito, adesso vorrei che tu e tutta la tua razza siate maledetti e facciate una brutta fine perché mi avete reso la vita impossibile e avete mangiato centinaia di mie compagne che non vi avevano fatto alcun male!"
Inaspettatamente il lupo, invece di adirarsi come prevedibile, dichiarò:
"Apprezzo la tua sincerità.
Hai avuto molto coraggio a dirmi ciò che realmente pensavi per questo ti lascerò libera!" Così dicendo liberò la pecorella e, con un cenno di saluto, la invitò ad allontanarsi. (Emma Briano).

 

 

 

 

 

 

 

Il lupo e la gru

 


C’era una volta un lupo conosciuto per la sua ferocia da tutti gli animali del bosco. Quando era affamato, non c’era animale piccolo o grande che potesse sfuggire alle sua zanne.
Un giorno gli successe una cosa molto spiacevole: un osso di agnello, molto, gli si conficcò in gola e per quanti sforzi facesse, non riusciva a toglierselo. Quell’ ossicino era davvero una seccatura, non tanto perchè gli facesse male, ma perché non riusciva ad inghiottire niente, solo qualche sorso d’acqua che però non alleviava né il dolore, né la fame.
Disperato si mise a chieqdere aiuto a tutti quelli che conosceva; ma erano tutti impauriti dalla sua terribile fama, con una scusa o l’altra cercavano di stargli alla larga e si rifiutavano di aiutarlo.
Finché la volpe da dietro la porta sbarrata della sua casa, gli consigliò: - Vai dalla gru, in fondo allo stagno grande. Tutti dicono che è il miglior dottore della zona!
Si mise in viaggio e quando giunse alla sua casa, per non spaventarla, disse con voce dolce: - Madama gru, ho sentito parlare della tua bravura. Ho bisogno di te. Tu sola puoi aiutarmi!
- Che ti è successo, compare lupo?  Ti vedo stravolto ed affannato. Dimmi cosa posso fare per te.
- Ecco - riprese il lupo - guarda qui in fondo alla mia gola. Mentre mangiavo vi si è conficcato un ossicino. Se riuscirai a strapparmelo avrai da me una ricompensa!
Alla gru non sembrò vero di poter curare un malato così illustre. Per tutta la vita, pensava, avrebbe potuto vantarsi di aver guarito il famoso lupo delle montagne. Si accinse dunque a compiere l’operazione chirurgica. Fece distendere il lupo presso un tronco, gli fece spalancare la bocca e senza pensare ad altro mise la testa tra le fauci della belva. Con il lungo becco riuscì a penetrargli giù nella gola e con un colpo ben assestato strappò l’ossicino fastidioso.
Il lupo ululò dapprima di dolore e poi di gioia: - Ora si che mi sento bene. Eh! Sapevo che tu saresti stata capace di guarirmi.
La gru, soddisfatta, si pulì il becco nell’erba e disse: - Bene! Ecco fatto. Ora sentiamo qual è la ricompensa.
- Come? – esclamò il lupo facendosi serio. – Osi chiedermi la ricompensa? Dovresti ringraziarmi di non averti mozzato la testa mentre era nella mia gola! Sono io che dovrei avere date un premio, per averti risparmiato la vita!
La gru, vedendo gli occhi del lupo farsi sempre più rossi e cattivi, pensò che era bene non insistere tanto e comprese che era stata sciocca a sperare in una ricompensa da un essere tanto malvagio.


Chi pretende una ricompensa da un disonesto, sbaglia due volte: primo perché aiuta un indegno, secondo, perché certamente non rimarrà impunito”… è la morale di questa favola di Fedro.  (Jacopo Bianchi Ferraro).


 

ARTESINA 2017-2018




SAVONA, MUSEO ARCHEOLOGICO DEL PRIAMAR, 1 FEBBRAIO 2017, ATTIVITA' DAL LABORATORIO AL MUSEO



RESTAURATORI AL LAVORO